Diritto all’informazione: l’ambiguo confine tra regole e censura

Diritto all’informazione: l’ambiguo confine tra regole e censura

E’ triste constatare quanto l’informazione odierna sia sempre più soggetta alla censura e alla conseguente manipolazione, soprattutto quando si tocca la delicata questione dell’immigrazione. La tendenza di una gran parte di coloro che difendono, con le unghie e con i denti, quella sorta di “dittatura culturale” molto legata al business dell’immigrazione, con gli evidenti risultati di una gestione dell’accoglienza nella maggior parte dei casi fallimentare, sta portando persino a sanzionare gli operatori dell’informazione. Si mette così a repentaglio quel diritto sacrosanto dell’informazione riportato in luce dopo la fine del fascismo.
Il Garante per le Comunicazioni, l’AgCom, mediante un “atto di indirizzo” di cui è curatore il commissario Antonio Nicita, ha stabilito che d’ora in poi i telegiornali e i programmi di intrattenimento dovranno evitare parole che possano richiamare all’intolleranza, all’odio e al razzismo quando parlano degli immigrati. Espressioni come “invasione” saranno bandite, se non supportate da dati reali sulle dimensioni del fenomeno. Lo stesso vale anche per il termine “clandestino”, pur tenendo conto che statisticamente solo il 5% degli immigrati sbarcati in Italia ottiene lo status di rifugiato.
Ribadendo che l’odio razziale sia un reato giustamente condannato come atto di inciviltà, e che occorre equilibrio e rispetto dei soggetti deboli, come i minori, allora come mai le istituzioni tendono a mettere in risalto solo le presunte propagande razziste, portando indirettamente i media ad oscurare i reali problemi di sopravvivenza di molti “non immigrati” ridotti in povertà? L’ostentato dovere morale di salvare le vite umane non dovrebbe essere esteso a tutti, anziché solo a chi produce business?